La modalità “cognitiva” di vivere ed esperire la realtà è una delle varie possibili modalità non consapevoli, automatiche ed autoperpetuanti di costruire il mondo in cui viviamo. Secondo il costruttivismo, infatti, ognuno di noi seleziona alcuni stimoli dall’ambiente (poiché sarebbe impossibile elaborarli tutti), li elabora secondo degli schemi (piuttosto rigidi) che hanno l’obiettivo di ordinare e catalogare i frammenti di esperienza, e poi crea una narrazione per unificare l’esperienza e darvi un senso ed un significato. Ad esempio di ciò, guardiamo un piccolo episodio: Mario prende come tutti i giorni il caffé al bar, esce e vede partire l’autobus dalla fermata dalla quale avrebbe dovuto prenderlo. A seconda degli schemi (automatici, appresi e inconsapevoli), Mario potrebbe produrre diverse narrative, ad esempio:
- “Come al solito arriverò in ritardo per colpa degli altri... non è colpa mia! Se il barista si fosse sbrigato, adesso sarei su quell’autobus.”
- “Accidenti, non mi sono reso conto che era tardi! Mi sono perso a chiacchierare con il barista, avrei dovuto fare attenzione all’ora... sono il solito svampito, come ho fatto a non accorgermene? Mando subito un messaggino per scusarmi, avrebbero ragione ad arrabbiarsi in ufficio...”
- “Anche se arrivassi in ritardo, il capo dovrebbe solo provarci a dirmi qualcosa. Sono quello che lavora meglio, e se per un giorno non arrivo puntuale non può proprio dirmi nulla. Lui poi, è sempre il primo ad andarsene... già me lo vedo che mi fa la ramanzina.... deve solo provarci, che glie ne dico quattro!”
- “Non è possibile, che sfortuna! Sempre a me capitano queste cose. Anche oggi la giornata inizia male... ma perché tutte a me? Perché non posso essere come gli altri?”
Questi sono tutti esempi di narrative diverse costruite a partire dagli stessi esempi; la differenza sta negli “schemi” con i quali filtriamo i dati del mondo esterno. Questi schemi cognitivi automatici sono stati spesso paragonati a "lenti"necessarie a vedere il mondo, ma a loro modo un po' distorcenti (per saperne di più sulle distorsioni cognitive in generale, guarda qui) . Secondo il Costruttivismo, infatti, non abbiamo accesso ad una verità “oggettiva”, ma solo al mondo che costruiamo con l’ausilio del nostro corpo e della nostra mente.
La modalità di esperienza più comune di vivere nel mondo ed ordinarlo di senso e significato, è appunto quella “cognitiva”, che predilige cioè la mente rispetto al corpo.
E’ la modalità più “razionalizzante”, ma in realtà la razionalità che la contraddistingue è solo illusoria. Un eccessivo sbilanciamento su questa modalità, può portare problemi psicologici spiacevoli, anche seri, come disturbi d’ansia, ossessioni, e pensieri ruminativi*.
La modalità “cognitiva” ha sette caratteristiche principali: scopri se appartiene anche a te, leggendo il resto dell’articolo!
Le sette caratteristiche che identificano la modalità “cognitiva”:
1. Vivere con il “pilota automatico”;
2. Rapportarsi all’esperienza del presente attraverso il pensiero;
3. Stare nel passato e nel futuro, e mai pienamente nel presente;
4. Tentare di evitare, dimenticare o eliminare l’esperienza spiacevole (emozioni, sensazioni o pensieri spiacevoli);
5. Sentire l’esigenza di confrontare come le cose sono da come le si vorrebbe;
6. Considerare i pensieri come qualcosa di vero e reale, con un potere causale sulle nostre azioni e sul mondo esterno;
7. Trattare se stessi con eccessiva durezza e severità, anziché prendersi cura di se stessi con gentilezza e pazienza.
E’ possibile uscire da queste modalità autoperpetuanti?
La buona notizia è che si può, attraverso un percorso di crescita personale che abbia come obiettivo i seguenti punti:
1. Prendere consapevolezza e accorgersi dei nostri fenomeni interni, come emozioni, pensieri, sentimenti e sensazioni fisiche;
2. Rapportarsi all’esperienza usando i sensi ed il corpo, e solo dopo con la mente;
3. Rimanere saldi nel momento presente, sviluppando presenza e connessione;
4. Stare con i propri eventi interni spiacevoli, emozioni, pensieri o sensazioni che ci provocano “disagio” o “fastidio”;
5. Accettare ciò che c’è per il fatto che c’è e sviluppare la gratitudine;
6. Considerare i pensieri come eventi di passaggio, che possono non avere alcuna attinenza con la realtà e che non comportano alcuna conseguenza;
7. Apprendere la gentilezza verso sé e verso gli altri, come atteggiamento mentale.
Un percorso di questo tipo può essere lungo e non sempre piacevole, ma da subito si inizieranno a vedere dei piccoli cambiamenti.
Può essere un percorso individuale o di gruppo, basato sulla Mindfulness (che abbiamo già visto essere molto efficace sugli schemi automatici anche di tipo depressivo, ad esempio qui) o su altre discipline; può essere online o in presenza e anche molto diluito nel tempo.
Tra le scelte più economiche, ci sono i gruppi di Mindfulness o di artiterapia, ed il Journaling (ovvero, tenere un diario sul quale raccontarsi e riflettere su questi sette punti, ad esempio il Gratitude Journal). Tra le esperienze più intense, anche economicamente, ci sono il sostegno psicologico e la vera e propria psicoterapia, che hanno però il vantaggio di avere un professionista dedicato che saprà condurre un percorso individuale assolutamente adattato alle singole soggettività e alle tempistiche personali. Anche sostegno psicologico e psicoterapia possono essere in gruppo, ed integrare al loro interno altre tecniche compatibili (come per lo psicodramma, la teatroterapia, e le tecniche di Mindfulness o di rilassamento).
Fondamentale per la scelta individuale sono le competenze del professionista, ad esempio sarebbe bene prediligere conduttori, facilitatori e arteterapeuti che abbiano anche una formazione psicologica/psicoterapeutica.
L’obiettivo di un percorso di questo tipo non è necessariamente cambiare modalità, ma semplicemente orientarla al benessere attraverso la consapevolezza del suo funzionamento e delle sue distorsioni.

* Il pensiero ruminativo è quello che continua a ripresentarsi, identico per forma e contenuto, nella nostra mente più e più volte, interferendo con il sonno o con la nostra normale funzionalità; ha connotazioni spiacevoli legate a vissuti di ansia, rabbia o tristezza (ma anche vergogna o disgusto, meno frequentemente) ed è molto difficile sbarazzarsene. Spesso alla sua base c’è una convinzione del tipo “se continuo a pensarci, posso trovare il modo di risolvere il problema”, ma in realtà la maggior parte delle volte ha la sola conseguenza di farci stare male proiettando continuamente nella nostra mente uno stimolo doloroso.
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