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Immagine del redattoredott.ssa Sara Rizzi

La tecnica della "Casetta della consapevolezza"


La "Casetta della consapevolezza" è una tecnica utile a imparare a leggere il proprio mondo interno, che ho ideato e sistematizzato negli ultimi anni per aiutare i miei pazienti a fermarsi, portare l'attenzione dentro di sé e a distinguere i diversi "piani" del loro mondo interno.

Basandosi su un'immagine evocativa ma semplice, è una tecnica che viene padroneggiata bene dai bambini, ma è adatta anche a quegli adulti che fanno molta fatica a leggersi dentro.


Come funziona?

Il modello della "Casetta" prevede tre piani, sui quali suddividere i fenomeni interni.


Nella consapevolezza del momento presente, i fenomeni possono suddividersi infatti in esterni (tutto ciò che arriva dal mondo esterno, persone, eventi, luoghi...) e fenomeni interni. Questi ultimi sono grossolanamente divisibili in tre macrocategorie:


1. I fenomeni che si originano dal corpo, "somatici" o "sensomotori", cioè le sensazioni fisiche.

2. I fenomeni che si originano dal mondo emotivo, le emozioni.

3. I fenomeni che si originano dalla mente e dai suoi processi, cioè le "cognizioni" o più genericamente i pensieri.


In ogni momento in cui sentiamo di aver bisogno di mettere l'attenzione su noi stessi, di ricentrarci sul nostro punto di equilibrio, possiamo quindi portare l'attenzione dal mondo esterno al mondo interno e immaginare una casetta a tre piani.


Primo piano

Proviamo a chiederci: cosa c'è, in questo momento, nel primo piano? Cosa c'è nel mio corpo, adesso?

Il primo piano costituisce le fondamenta dell'esperienza ed è estremamente importante imparare a distinguere anche quattro diverse categorie di sensazioni fisiche (che possiamo mettere nelle quattro diverse "stanze" del primo piano), categorie che approfondiamo sia nella stanza di terapia che negli incontri di meditazione Mindfulness.

Siamo quasi tutti abituati a ignorare il corpo, tranne quando duole o smette di funzionare; è in realtà il primo e più importante mezzo di comunicazione non solo con l'esterno, ma anche con noi stessi.

Nel modello dei tre cervelli, questo primo piano afferisce alla parte più antica del nostro cervello: il tronco encefalico e le strutture di materia bianca circostanti, che analizzano il pericolo e la sicurezza nell'ambiente, inviano neurotrasmettitori ai vari distretti del corpo, attiva o disattiva il nervo vago e gestisce l'equilibrio dinamico tra sistema simpatico e sistema parasimpatico.


Secondo piano

Proviamo a chiederci: cosa c'è, in questo momento, nel secondo piano? Che emozioni sto provando, adesso?

Nel secondo piano possiamo mettere tutti i tipi di fenomeni emotivi, come le emozioni vere e proprie (che siano piacevoli, spiacevoli, interpersonali, non interpersonali, egosintoniche/egodistoniche...) ma anche gli umori e gli affetti.

In ogni momento della nostra giornata proviamo qualche emozione, anche se magari a intensità ridotta; questo spesso ci inganna a pensare di non star provando nulla, ma con l'affinamento della consapevolezza si nota che non è così. Il sistema emotivo è come una bussola, e l'ago punta sempre da qualche parte. La consapevolezza emotiva è una risorsa importante per notare e interpretare correttamente non solo le emozioni intense (più "facili" da notare e interpretare") ma anche quelle più sottili.

Nel modello dei tre cervelli, questa parte riferisce al cervello limbico, cioè quella parte del nostro encefalo che contiene le strutture che elaborano le informazioni emotive: talamo, ipotalamo, ippocampo, amigdala e corteccia cingolata.


Terzo piano

Proviamo a chiederci: cosa c'è, in questo momento, nel terzo piano? Che pensieri sto pensando, adesso?

I pensieri possono essere di vario tipo, originando anche qui a diverse possibili "stanze": pensieri verbali, linguistici, che contengono parole o frasi, ma anche "eidetici", cioè pensieri a immagini. Possono essere pensieri lenti, come quelli del nostro dialogo interno, o pensieri veloci, automatici, difficili non solo da controllare ma anche da intercettare. Possono essere pensieri giudicanti, positivi o negativi, o non giudicanti.

La nostra mente ha dei suoi scopi e dei suoi automatismi ed è come una fabbrica da cui esce un nastro trasportatore: sforna continuamente oggetti mentali, senza fermarsi mai. Imparare a guardare e a riconoscere questi oggetti ci permette di conoscere intimamente il funzionamento della nostra stessa mente, e, di conseguenza, ci aiuta a non farci ingannare.

Nel modello dei tre cervelli, il terzo piano riferisce alla corteccia e alla neocorteccia, dove avviene il ragionamento "razionale" ma anche diverse funzioni "esecutive", di alto livello, che sottendono la consapevolezza di sé come individuo con una storia, dei valori e degli obiettivi.


Fare una "Casetta", in breve, è un piccolo allenamento alla consapevolezza, che si può fare sia sul momento, fermandosi e ascoltandosi, sia in un secondo momento anche con carta e penna, meglio se su un diario o un quaderno in cui si possano raccogliere le diverse "Casette". Le prime "Casette" sono spesso imperfette, confuse, con interi piani che vengono lasciati in bianco. Piano piano lo strumento della consapevolezza si affina e diventeremo sempre più abili.

L'obiettivo è arrivare ad una consapevolezza talmente sottile da non aver più bisogno di suddividere in piani i nostri fenomeni interni. Mi spiego meglio:

Inizialmente, è molto difficile distinguere una sensazione fisica da un'emozione o un'emozione da un pensiero. Per prendere consapevolezza abbiamo bisogno di separare, analizzare, etichettare. Ma l'essere umano, nella sua vita interna, è complesso e soprattutto integrato: la consapevolezza non è veramente divisa su tre "piani". Non c'è veramente differenza tra emozione e pensiero, o tra pensiero e corpo. Ma per arrivare questo livello, separare, analizzare, etichettare è spesso ciò di cui abbiamo bisogno!


In un qualsiasi momento in cui abbiamo la percezione che sia cambiato qualcosa nel nostro mondo interno, possiamo quindi fermarci e pensare alla "Casetta", o anche prendere un foglio, disegnarla schematicamente e scrivere i contenuti su ognuno dei tre piani.

Portare le proprie "Casette" al proprio psicologo o psicologa è un ottimo modo per indicizzare la terapia, perché potremo lavorarci su con altre tecniche di elaborazione emotiva, di accettazione, di ristrutturazione.

Non è però necessario, se il nostro obiettivo fosse "solo" di conoscerci meglio, essere seguiti da un professionista: una "Casetta" dopo l'altra, acquisteremo sempre più consapevolezza del nostro mondo interno e questo è già un ottimo avanzamento nel viaggio della cura di sé e della crescita personale.


Se vuoi intraprendere questo viaggio con un professionista, contattami: potremmo conoscerci nel mio studio o posso consigliarti un collega.







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