I dubbi e le domande più comuni che ci poniamo valutando un percorso psicologico.
Ogni volta che pensiamo di avere qualcosa che non va, possiamo provare a vederla come un'occasione per generare qualcosa di nuovo.
Cosa significa andare dallo psicologo? Cosa comporta?
Differentemente da quanto si crede, lo psicologo opera solo in assenza di una psicopatologia, o comunque in presenza di un disturbo che non è sufficientemente grave da essere considerato patologico. L'idea quindi che "lo psicologo sia per i matti" è errata, oltre che pericolosa: pericolosa perché dando l'idea sbagliata, disincentiva molte persone sofferenti dal cercare aiuto psicologico. In presenza di un disturbo clinicamente rilevante, le figure professionali di riferimento sono lo psicologo psicoterapeuta e lo psichiatra psicoterapeuta.
Ma allora cosa fa lo psicologo?
La professione dello psicologo è descritta e confermata dall'Art.1 della legge 56/89 che recita:
la professione di psicologo comprende l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità.
Lo psicologo può quindi occuparsi di sostegno e diagnosi psicologiche, ovvero in assenza di una patologia clinicamente rilevante: quello è un ambito riservato a psichiatri e psicoterapeuti. L'area di intervento psicologica si limita quindi al malessere di chi rimane comunque autonomo e piuttosto funzionale nella quotidianità, nei suoi diversi ambiti (lavoro, famiglia, amici). Un percorso di sostegno psicologico può avere diversi obiettivi, a seconda della problematica specifica della persona che chiede aiuto e di come questa si evolve nel tempo: il rapporto con i colleghi, la vita familiare, lo stress quotidiano, le aspettative degli altri, una decisione difficile, un cambiamento che non si riesce ad affrontare, più in generale la presenza di pensieri o emozioni che causano malessere e disagio ma non per questo compromettono la vita della persona. Tutto può essere oggetto di sostegno psicologico: è un solido aiuto non solo per superare al meglio una difficoltà, ma anche uno strumento per trasformare una crisi in un'occasione di crescita personale.
Vorrei andare dallo psicologo, lui mi darà dei consigli!
Lo psicologo non può - per diversi motivi - dare consigli su cosa fare; può però sostenere nel processo decisionale, ed aumentare il livello di consapevolezza della persona. Con più consapevolezza possiamo vedere con maggior chiarezza le nostre motivazioni e prendere così una decisione meglio ragionata. La decisione però non può prenderla il professionista.
Quanto costa andare dallo psicologo?
Un percorso di sostegno psicologico può avere un costo molto variabile, dalla singola seduta che può andare dai 35 euro in su. Il cachet varia a seconda della formazione specifica del professionista, delle certificazioni e delle competenze acquisite attraverso stage, master e corsi di formazione specifici; in questo compenso rientrano quindi tutte le spese relative alla formazione passata e in corso, e quelle relative alla professione (assicurazione, partita iva, previdenza sociale, spese relative allo studio e agli eventuali strumenti e macchinari). Gli incontri possono essere bisettimanali (due volte a settimana), settimanali o anche bimensili, a seconda della necessità di sostegno della persona. Anche la durata nel tempo è piuttosto variabile: frequenza e durata sono aspetti che si decidono generalmente insieme al professionista, anche se la decisione finale è sempre del paziente.
La Psicologia è entrata a tutti gli effetti all'interno delle Professioni Sanitarie, ed è per questo che le prestazioni psicologiche sono esenti iva e generalmente scaricabili al 19% dalla dichiarazione dei redditi.
Cosa succede durante un colloquio psicologico? Gli posso dire proprio tutto?
Esistono tanti rami diversi afferenti alla Psicologia, e i metodi possono ovviamente variare da psicologo a psicologo anche all'interno dello stesso orientamento. Ogni professionista infatti ha un proprio "stile" di incontro con la persona, dovuto non solamente alla sua formazione, ma anche alla sua personalità. Generalmente, lo psicologo chiederà al paziente di parlagli di perché è lì, e delle problematiche che la persona porterà. E' importante non mentire o distorcere le informazioni: sarebbe come pagare un professionista per ristrutturare una casa, e poi dargli un indirizzo diverso dalla casa effettivamente da ristrutturare. D'altronde lo psicologo non è lì per giudicare quante crepe ci siano nei vostri muri, ma per aiutarvi a ristrutturarli. Omettere informazioni invece può essere legittimo, se queste sono troppo difficili o dolorose da affrontare: il paziente le porterà allo psicologo quando sarà pronto a farlo, e lo psicologo lo sa bene.
Non c'è bisogno di preoccuparsi per ciò che si racconta: lo psicologo è tenuto dal D.Lgs. 196/2003 e dal Regolamento UE n. 2016/679 al segreto professionale, e infrangerlo sarebbe non solo controproducente a livello professionale ma lo renderebbe perseguibile. Per questo motivo il cliente è tenuto a firmare già dal primo colloquio la modulistica sulla privacy che abilita il professionista a trattare i dati del cliente stesso. Questi dati possono spaziare dai dati di contatto come telefono e email, agli appunti che il professionista potrebbe prendere durante o dopo i colloqui. Questi dati vanno per legge crittografati o chiusi a chiave in appositi schedari dotati di serratura.
Lo psicologo potrebbe manipolarmi a proseguire il percorso?
Il lavoro dello psicologo è fortemente normato dal Codice Deontologico e controllato dall'Ordine Degli Psicologi. La manipolazione, in qualsiasi senso, delle opinioni del paziente sarebbe un grave abuso professionale che comporterebbe conseguenze importanti quali la sospensione o la radiazione dall'Albo, più eventuali provvedimenti di tipo penale (tale si configura, infatti, il reato di abuso professionale). Chiunque potrebbe denunciare all'Ordine un professionista poco ligio: il paziente stesso, i suoi parenti, ma anche i colleghi e i supervisori della rete dello stesso professionista.
La conseguenza possibile di un abuso professionale lo rende decisamente poco conveniente, senza contare che la miglior pubblicità che un professionista potrebbe chiedere è proprio quella di un paziente sereno, soddisfatto e autonomo.
L'obiettivo del lavoro psicologico, a conti fatti, è proprio quello dell'autonomia e dell'aumento dei gradi di libertà del paziente, e li si costruisce proprio grazie ad una relazione umana, simmetrica, aperta e trasparente.
Certo, non c'è nessuna certezza del fatto che la persona davanti a noi non stia cercando di fregarci; ma questo pur è vero per la maggior parte dei professionisti.
Come scelgo il professionista adatto a me?
Esistono in psicologia vari orientamenti teorici, ma nessuna analisi statistica ha mai evidenziato la maggior o minor efficacia di uno o dell'altro indirizzo; i fattori che funzionano meglio a prevedere la buona o cattiva riuscita dell'intervento hanno tutti a che fare con la relazione tra il paziente e il professionista, ed è per questo che quello che io consiglio sempre di scegliere il professionista con cui ci si trova meglio, a pelle; per fare questo è necessario ovviamente fare più primi colloqui, almeno due o tre, con diversi professionisti.
Come in tutte le relazioni poi, ci potranno essere alti e bassi, e come in tutte le relazioni la cosa migliore da fare è quella di parlarne per capirsi; come in tutte le relazioni, le emozioni che proviamo e le idee che ci facciamo ci dicono tanto su come funzioniamo, e possiamo usarle in terapia per comprenderci meglio e sperimentarci (es. ho difficoltà a fidarmi dell'altro? Ho difficoltà ad aprirmi? A impegnarmi? A superare la fase di dis-illusione? E così via): lo psicologo e lo psicoterapeuta sono professionisti della relazione e sono specificatamente formati per usarla a vantaggio del paziente. Per questo sceglierne uno con cui ci si trovi bene soggettivamente è fondamentale!
Quando mi conviene andare da uno psicologo, e quanto mi conviene andare da un counselor? Quanto risparmio nel secondo caso?
La maggioranza dei counselor, in Italia, non ha una laurea in Psicologia. La loro formazione è privata e la loro attività deriva dalla non specificazione, legislativamente parlando, che l'attività di consulenza ("counseling") psicologico sia, oltre che tipica, anche esclusiva dello psicologo.
In sostanza, un counselor può fare "consulenza psicologica" ma non può fare sostegno psicologico, nè diagnosi, nè abilitazione, riabilitazione o prevenzione. A fronte di una parcella assolutamente sovrapponibile, la scelta del professionista psicologo o conselor con laurea in Psicologia, è preferibile per questa e per altre ragioni:
- diagnosi: un counselor non psicologo non ha i titoli nè le conseguenze per fare diagnosi. La diagnosi psicologica è però fondamentale per escludere la presenza di elementi di rischio o di complicazione del quadro di funzionamento della persona, per poter delineare il miglior trattamento e per poterla eventualmente inviare al professionista più adatto al caso specifico. Un professionista che non faccia questo, rischia di non riconoscere la complessità di funzionamento del cliente/paziente e intervenire in modo iatrogeno o comunque non efficace. Quello che consiglio, in caso di indecisione, è di intraprendere con uno psicologo qualche seduta di valutazione e diagnosi psicologica, per poi decidere, con le indicazioni del professionista, quale intervento può essere più adatto al proprio caso (di counseling, di sostegno psicologico o di psicoterapia).
- deontologia: il Codice Deontlogico degli Psicologi, essendo la professione di Psicologo legalmente riconosciuta e inquadrata come Professione Sanitaria, ha valore legale e vincolante rispetto alle norme etiche, all'abuso, alla gestione dei dati personali e della privacy. L'Ordine degli Psicologi è un ente riconosciuto dal Ministero della Sanità e opera in piena collaborazione con esso e con il Miur nella salvaguardia e nella prevenzione primaria e secondaria della salute pubblica. Il professionista sanitario che produce un illecito o una violazione rischia, come abbiamo visto, l'interruzione della carriera; la professione dei counselor, essendo riconosciuta tra le "professioni non regolamentate" è quindi priva di un Albo legalmente e ministerialente riconosciuto, con le differenze legali del caso in termini di vincoli deontologici e legislativi.
Nella pratica, questo implica che se l'intergrità morale e deontologica è legalmente imposta dall'Ordine ai suoi iscritti, nel caso del counseling essa è interalmente delegata alla coscienza dei singoli professionisti; questo ovviamente non permette di trarre alcuna inferenza circa alla professionalità del singolo professionista, counselor, counselor psicologo o psicologo che sia.
- parcelle e relazioni: le fatture (o parcelle) dello psicologo, in quanto prestazioni sanitarie, rientrano tra le spese detraibili per legge dalla dichiarazione dei redditi; inoltre, le relazioni rilasciate dagli psicologi hanno un peso pratico e legale se consegnate agli enti preposti, entro i vincoli e gli usi legalmente consentiti.
- formazione: la formazione media di un counselor è di circa 700 ore tra formazione teorica, teorico-esperienziale e tirocinio, normalmente distrubuita su tre anni. La formazione media di uno psicologo di base, essendo universitaria, prevede 1500 ore di formazione all'anno (ovvero 60 cfu, per cinque anni; oppure con formula 3+2), seguite da un tirocinio abilitante di 1000h da svolgersi in un anno solare, necessario per accedere all'Esame di Stato.
E' vero che il percorso di counseling è più breve rispetto a quello psicologico, che a sua volta è più breve rispetto ad una psicoterapia?
La differenza tra un intervento di counseling, di sostegno psicologico o di psicoterapia non è nella durata del percorso ma nella profondità degli obiettivi che ci si pone; più superficiali (es. motivazionali, di orientamento, di benessere a breve termine) nel counseling, di benessere e stabilizzazione del funzionamento (gestione delle emozioni, delle relazioni, dei sintomi e delle strategie disfunzionali) nel sostegno psicologico, e di ristrutturazione di parte della personalità o di elaborazione di traumi presenti o passati nella psicoterapia. Questo può implicare, in molti casi, una maggior o minor durata dell'intervento, ma la realtà è che in ognuno dei tre casi è molto difficile - se non impossibile - prevedere il tempo necessario al raggiungimento degli obiettivi preposti.
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